Tempo di pandemia, tempo di pianto e speranza

Una riflessione

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piangere Gesù piangerebbe?

L’apocalittica è una riflessione per un tempo di crisi, un tempo difficile. Vuole essere messaggio di consolazione. Lo Spirito Santo ci aiuti a leggere questa Parola in tempo di pandemia.

Vidi nella destra di colui che sedeva sul trono un libro scritto di dentro e di fuori, sigillato con sette sigilli.  E vidi un angelo potente che gridava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e di sciogliere i sigilli?»  Ma nessuno, né in cielo, né sulla terra, né sotto la terra, poteva aprire il libro, né guardarlo.  Io piangevo molto perché non si era trovato nessuno che fosse degno di aprire il libro, e di guardarlo.  Ma uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ecco, il leone della tribù di Giuda, il discendente di Davide, ha vinto per aprire il libro e i suoi sette sigilli».

 Poi vidi, in mezzo al trono e alle quattro creature viventi e in mezzo agli anziani, un Agnello in piedi, che sembrava essere stato immolato, e aveva sette corna e sette occhi che sono i sette spiriti di Dio, mandati per tutta la terra.  Egli venne e prese il libro dalla destra di colui che sedeva sul trono.

Quand'ebbe preso il libro, le quattro creature viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all'Agnello, ciascuno con una cetra e delle coppe d'oro piene di profumi, che sono le preghiere dei santi.  Essi cantavano un cantico nuovo, dicendo: «Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra».

Anche se Simone de Beauvoir diceva “in tutte le lacrime indugia una speranza”, pare siamo vasi troppo piccoli per tante lacrime.

Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo”: il pianto di Giovanni riassume lo stato dell’umanità nell’angoscia e nella sofferenza perché non sa spiegarsi il senso della vita. Sembrava una situazione senza via d’uscita. Sembrava che il piano di Dio sarebbe rimasto bloccato. Situazione terribile. Il libro che solo Cristo può aprire è il mistero della storia, e il mezzo attraverso cui Cristo rompe i sigilli è la sua vicenda storica di morte e risurrezione.

Il pianto di Giovanni di Patmos equivale a un’affermazione antropologica di grande peso: l’essere umano è perduto se il volere di Dio gli è inconoscibile. Sarà il Cristo ad aprire il rotolo, a fare conoscere il senso della storia. Questa teologia parla non a chi sta chiuso impaurito negli uffici o nei templi, ma a chi cammina nel buio della realtà. Lo smarrimento di tutti con il pianto, è più che personale incapacità di, senza luce, spingere lo sguardo nella volontà di Dio.

In quel tempo, Gesù, quando fu vicino a Gerusalemme, alla vista della città pianse su di essa, dicendo: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.

Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata”.

Il vangelo ci dice che anche Gesù, nell’arrivare vicino a Gerusalemme, vedendo la città comincia a piangere e a pronunciare parole che facevano intravedere un futuro molto fosco per la città. Le lacrime manifestano la impotenza di Gesù, come piange il parroco che vede la sua chiesa svuotarsi. Dio nasconde la sua potenza nell'amore di Gesù che salva, nella sua debolezza. Il pianto di Gesù è l'ultimo invito alla conversione per la città ostinata nel suo rifiuto e nel suo male.

Un profeta deve comunicare il giudizio di Dio, anche se con profondo dispiacere: Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace, la presenza di Dio nel tempo, nell’oggi della storia. Infatti, l’umanità può oscurare la rivelazione. Gerusalemme è troppo presa dal suo tempio per occuparsi delle cose di Dio. Il futuro non tollera vacillamenti, non tollera chi non ha riconosciuto il tempo. Gerusalemme non ha pace perché le manca la fede in Cristo. Il tempo della visita dell’inviato da Dio non fu tempo favorevole perché collise con forze umane negative. Infatti, nel giorno in cui allontaniamo Dio dalla nostra vita, le potenze del male si comportano come le belve senza domatore. La speranza che il male possa essere vinto, che la storia abbia un senso, si rivela in Gesù. Accogliere le responsabilità per l’attuale situazione storica dell’economia mondiale, riparare gli enormi sbagli commessi e prendere cura della casa comune è comprendere il senso della storia.

Guardando la situazione del mondo attuale, della Chiesa attuale, Gesù piangerebbe?

In questo tempo di pandemia che stiamo vivendo, si sente forte la necessità di sanare le ingiustizie, di prendere cura della frammentazione sociale, culturale, identitaria, ecclesiale. Non basta la sicurezza sanitaria, la distanza fisica, le decisioni politiche, la ricerca scientifica, neanche una religione di superstizione. È necessaria una spiritualità solidale di vera comunione con Dio che trasforma il profondo della nostra anima e ci conduce a trasformare la società contemporanea. Si vive tanta incertezza e necessità di cambiamento nella società e nella Chiesa e non basta il vaccino o il sinodo tedesco per donare speranza. Una Chiesa troppo occupata nei problemi di sesso e soldi, non attende alle necessità spirituali, reali delle persone. La speranza non sta nel futuro, nel dopo vaccino, nel dopo ripresa degli eventi, ma deve essere vissuta oggi, nel presente dove Dio rivela la creatività della sua misericordia.

Nei giorni difficili è fondamentale capire che il senso della vita è sempre una realtà grandiosa che può superare anche il dolore più atroce. La nostra anima ha in sé una energia, donata da Dio, che le permette di lottare e reagire ad ogni tempesta, di aprire luce nella storia. Come diceva chi ha sperimentato fortemente la sofferenza, la mistica olandese di origine ebraica, morta a Auschwitz nel 1943, Etty Hillesum: “Possiamo soffrire, ma non soccombere”. “Non sono i fatti a contare nella vita, conta solo ciò che grazie ai fatti si diventa.” Che rapporti fraterni diventano verità concreta? Anche noi: davanti agli eventi drammatici della storia, chiediamoci cosa è veramente importante. E sappiamoci amati fino alle lacrime.

Siamo coscienti che nei prossimi anni saremo chiamati a rispondere culturalmente a nuove sfide economiche, ecologiche, sociali e politiche, religiose e spirituali in Africa, in Asia, in America del nord e del sud, oltre l’Europa piena di problemi. L’Agnello ha acquistato gente da “ogni tribù, lingua, popolo e nazione”. Se siamo dei figli di Dio siamo stati comprati, redenti, non per noi stessi, ma acquistati per Dio stesso. Appartiamo a Lui, nelle diversità di culture! C’è tanto da fare per il vero rispetto delle altre culture, per il rispetto del lavoro degli altri, per una autentica cultura della fraternità.

Saul Bellow (1915-2005), canadese naturalizzato statunitense, premio Nobel della letteratura 1976, affermava che “la sofferenza è forse l’unico mezzo valido per rompere il sonno dello spirito”. Il tempo d’avvento sarà occasione per essere svegli e disponibili a un profondo cambiamento.

Carlos Moreira Azevedo

19/11/2020