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Ravasi


Per una teologia biblica delle emozioni

Keynote al Convegno "Do emotions shape the world?" organizzato dalla European Society for the Study of Science and Theology, 2 maggio 2014

di Card. GIANFRANCO RAVASI

«Come chi, messosi in mare su di una barchetta, viene preso da immensa angoscia nell’affidare un piccolo legno all’immensità delle onde, così anche noi soffriamo mentre osiamo inoltrarci in così vasto oceano di misteri» (In Genesim Homiliae IX, PG 12, 210). La stessa tensione di cui parla Origene alla soglia della sua impresa di commentare omileticamente la Genesi si ripete in chi vuole tentare anche solo un abbozzo della teologia biblica delle emozioni. Due sono le ragioni di questa paura. Da un lato c’è l’enorme fluidità della definizione e classificazione delle emozioni: in uno studio pubblicato nel 1981 da due ricercatori del Georgia Southern College[i] si elencavano ben 92 definizioni a cui si accostavano 9 dichiarazioni scettiche sulla possibilità di definire una realtà così mutevole, affidata anche nella Bibbia – come vedremo – a una costellazione lessicale e simbolica complessa e varia.

          D’altro lato, questo processo umano a molte componenti affiora nell’arco intero delle pagine bibliche con una ricchezza impressionante e non comprimibile in uno stampo rigoroso teorico, a partire dalla stessa emozione estetica del Creatore che contempla la bellezza/bontà (tôb) della sua opera nel c. 1 della Genesi, fino alla tensione che si respira nell’ultima pagina dell’Apocalisse ove si anela alla venuta del Signore Gesù (22,17.20). Entro questi due estremi si distende un vero e proprio album di emozioni difficilmente catalogabili. Si tratta di uno spettro cromatico emotivo che procede dal violetto gelido dell’angoscia o paura e approda al rosso caloroso della gioia o della tenerezza. Per questo è necessario procedere solo per sondaggi selettivi o per emblemi (ad esempio, il Salterio potrebbe trasformarsi già da solo in un vocabolario di tutto l’arco emozionale umano).

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