GIOVANNI PAOLO I

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Alle 5.20 del mattino di quel 29 settembre 1978 due suore dedite alla cura dell’appartamento pontificio varcarono la camera da letto papale e scoprirono costernate che Giovanni Paolo I era ormai senza vita. «Infarto acuto del miocardio» fu il referto del medico subito convocato. 34 giorni prima, il 26 agosto, al quarto scrutinio del Conclave, l’allora patriarca di Venezia Albino Luciani era stato eletto pontefice e alle 19.30 di quello stesso giorno si affacciava per la benedizione dalla loggia centrale della basilica di S. Pietro.

         Oggi [04/09/2022] nella stessa piazza questo papa – che fu come una meteora fugace nella storia della Chiesa e che cedette il passo a uno dei pontificati più duraturi, quello di Karol Wojtyła – verrà proclamato beato dal suo successore Francesco. Per altro, il santo di Assisi e un altro Francesco, il vescovo scrittore di Ginevra s. François de Sales (1567-1622), sono stati una presenza incisiva nelle sue parole e pagine. È appunto questa eredità di testi, discorsi, documenti del breve pontificato di Giovanni Paolo I a costituire la sostanza di un volume curato da un manipolo di studiosi della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I. Tra essi vogliamo segnalare la figura di Stefania Falasca, che è stata la coordinatrice ma anche l’esegeta maggiore di papa Luciani, e il prof. Carlo Ossola, ben noto ai nostri lettori, che firma una splendida introduzione, scegliendo come motto una frase dell’agenda personale papale, «servi, non padroni della Verità».

         Il volume è sorprendente ed esemplare a due livelli. Lo è innanzitutto per il metodo: siamo, infatti, in presenza di una ricognizione di tutto il materiale secondo i canoni della più rigorosa critica testuale, quella stessa disciplina che si applica, ad esempio, nell’edizione dei vari libri biblici. Abbiamo, così, tra le mani, sfogliandone le pagine quasi come lo facessimo negli originali, una duplice tipologia di testi. Da un lato, vengono raccolti tutti i 42 documenti ufficiali di quel breve pontificato, a partire dal radiomessaggio Urbi et Orbi pronunciato nella Cappella Sistina in latino la mattina dopo l’elezione, una sorta di «discorso della corona» (naturalmente accompagnato ora dalla traduzione italiana).

         D’altro lato, uno spazio notevole è occupato dalle sue allocuzioni durante le udienze generali e particolari. In esse brilla lo stile colloquiale che era congeniale a Luciani fin da quando era vescovo di Vittorio Veneto (dal 1958) e patriarca di Venezia (dal 1969), tant’è vero che nell’edizione di quei discorsi i curatori del volume devono ricorrere a sinossi non prive di divergenze tra il testo pronunciato e quello a stampa finale. Deliziose sono, poi, le conversazioni spontanee che il papa intesse durante le udienze: divertente, ad esempio, è quella del 3 settembre 1978 coi fedeli della diocesi di Belluno ove l’interlocuzione coi singoli fedeli scende nei particolari, persino personali, con una libertà assoluta. Noi ora siamo abituati a questo stile da papa Francesco, ma allora rispetto alla figura ieratica e alle frasi calibrate e fin cesellate del predecessore Paolo VI, costituivano quasi una provocazione (si pensi al tema del volto materno di Dio che ebbe una grande eco mediatica).

         Parlavamo di due livelli documentari. Dopo la sequenza dei testi ufficiali e pubblici del pontificato (ci sono lettere o saluti per il presidente USA Carter, per il sindaco di Roma Argan, per il Katholikentag tedesco in quella lingua, per il patriarca di Mosca e così via), il volume raccoglie l’agenda e i block-notes autografi, offrendone anche la riproduzione fotografica. L’acribia della critica testuale qui è costretta al suo esercizio più severo perché – come accade a tutti in questo genere – è facile da parte dell’autore il ricorso all’allusione, all’ammiccamento, alla connotazione e soprattutto all’abbreviazione o alla crittografia. Ma è proprio così che brilla l’intimità personale, la sensibilità, la curiosità, il palinsesto dei pensieri e delle emozioni.

         È soprattutto in queste pagine (ma anche in quelle più ufficiali sopra evocate) che affiorano, ad esempio, le letture o i gusti culturali e sociali. Essi avevano avuto in passato il loro emblema nella collaborazione alla rivista «Il Messaggero di sant’Antonio» a partire dal 1971, che dette spunto poi alla famosa raccolta Illustrissimi con quaranta epistole immaginarie a diverse personalità (1976), volume che ebbe varie riedizioni. Così, accanto a riferimenti scontati come sant’Agostino, Gregorio Magno, Tommaso d’Aquino, Dante, Manzoni e così via, ecco affacciarsi nelle note del volume Belli, Bernanos, Carducci, Chesterton, Claudel, Collodi, Goldoni, Le Fort e così via, rimandando alle sue precedenti letture.

         Anche se nelle righe papali ora domina la sobrietà, è certo che il respiro culturale e la stessa attenzione alla politica internazionale di allora (ad esempio, gli accordi di Camp David tra Sadat e Begin), incarnata da questo pontefice, sono il segno del suo impegno di rendere la fede e l’amore cristiani trasparenti al mondo contemporaneo. Per questo, in sintonia di stile e mente, sia pure nelle differenti coordinate cronologiche, a firmare la prefazione è papa Francesco.

GIANFRANCO RAVASI

Giovanni Paolo I, Il Magistero. Testi e documenti del Pontificato, Libreria Editrice Vaticana – San Paolo, pagg. 470, € 29,00.