Giovani
INTERVENTO di S. EM. CARD. RAVASI
(Parte I – cap. II – nn. 26-35)
Sinodo dei Vescovi 2018
Propongo solo una sottolineatura essenziale ai nn. 26-35 dell’Instrumentum Laboris ove si fissa l’obiettivo sulla cultura giovanile contemporanea. Si stima che attualmente nel mondo le persone tra i 16 e i 29 anni siano 1,8 miliardi, un quarto dell’umanità. Paolo VI affermava: «Molti oggi parlano dei giovani, ma non molti parlano ai giovani».
1. Possiamo parlare dei giovani individuando, però, quanto essi esprimono nel loro stesso pensare e agire molto vario e variegato. Due sono i volti antitetici da approfondire.
Il primo comprende molti lineamenti problematici che sono spesso specchio dei nuovi modelli etico-sociali generali. Pensiamo al fenomeno dell’io frammentato, legato al primato delle emozioni, all’accumulo lineare di cose più che all’approfondimento dei significati. Così, alla bulimia dei mezzi posseduti – soprattutto informatici – corrisponde l’anoressia dei fini e dei progetti. Significativo è, poi, il predominio della tecnica sulla conoscenza umanistica. Pensiamo, infine, all’apatia etica e religiosa e anche a una certa autoreferenzialità giovanile che oscilla tra l’unità del branco omologato e il rigetto dell’altro espresso nel bullismo o nella violenza verbale e iconica dei social.
C’è, però, un secondo aspetto molto positivo: i giovani sono portatori di grandi risorse umane e spirituali. Basti solo citare il senso forte dell’amicizia, la solidarietà vissuta, il volontariato, l’anelito di libertà, l’autenticità testimoniale, l’amore per la musica, le arti e lo sport, la richiesta di coerenza rivolta alla comunità civile e religiosa, l’appello a una Chiesa più gioiosa ed evangelica, il fascino esercitato ancora dalla figura di Cristo e del suo Vangelo.
2. Passiamo, infine, alla capacità di parlare ai giovani. È necessario elaborare nella Chiesa un nuovo linguaggio in sintonia con le loro nuove grammatiche comunicative e che tenga conto di alcuni orizzonti per loro rilevanti. Ne segnaliamo solo due.
Il primo è quello della scienza e della tecnica che sta riscrivendo in molti capitoli l’antropologia classica e che affascina i giovani: pensiamo solo alla genetica con la presenza del DNA, della sua flessibilità e modificabilità, oppure alle neuroscienze dai molti risvolti etici e all’“intelligenza artificiale forte” tendente a creare una sorta di autocoscienza della macchina.
Il secondo percorso è quello imperante della cultura digitale, cioè dell’infosfera la cui rete avvolge, sì, l’intera umanità, ma in modo radicale i giovani che sono nativi digitali. Virtualità, moltiplicazione dei dati, omogeneità di linguaggi, comunicazione accelerata, fruizione incessante, che rende i giovani info-obesi, sono componenti rischiose, come insegna l’esperienza della violenza, della pornografia, del “dark web”, della falsità in rete. Ma questa cultura digitale è necessaria per intrecciare nuovi dialoghi, per trasmettere valori e per integrare il messaggio cristiano in questo nuovo areopago globale.
Per concludere, ricorriamo all’appello di un altro papa santo, Giovanni XXIII: «Dite ai giovani che il mondo esisteva già prima di loro, e ricordate ai vecchi che il mondo esisterà anche dopo di loro».
(Questo è il testo base su cui il Cardinale Ravasi ha parlato a braccio al #Sinodo2018)