IL SEME PIù PICCOLO

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Il Regno dei cieli è simile a un grano di senape. È il più piccolo di tutti i semi; eppure cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto tanto che gli uccelli nidificano tra i suoi rami. (Matteo 13,31-32)

 

         Senza ricorrere ai grossi manuali di botanica, basta cercare su un qualsiasi modesto dizionario la voce senapa e si leggerà più o meno questa definizione: «Pianta brassicacea, il cui seme minutissimo, di sapore acuto, si macina per farne una mostarda (la “senape”) e, in medicina, revulsivi (“senapismi”)». Gesù tiene, quindi, nel palmo della mano alcuni di questi grani neri minuti e davanti a sé e ai suoi discepoli vede ergersi l’arbusto alto e svettante di una senapa orientale, molto più vigorosa della nostra, capace persino di reggere un nido d’uccelli.

         È una scena molto quotidiana e familiare che si può immaginare ambientata in un viottolo lungo il quale si allineano gli orti con le loro modeste coltivazioni. Come sempre, Gesù non veleggia – come fanno certi predicatori – sopra le teste dei suoi ascoltatori, ma parte dai loro piedi, ossia da quella terra sulla quale sono piantati per condurre una vita spesso disagiata e stentata, e da lì sa poi condurli verso un orizzonte più elevato, di natura religiosa e spirituale. Cerchiamo, dunque, di cogliere questo movimento rivolto verso l’infinito di Dio ma che parte da un vegetale domestico.

         Ci riferiremo, allora, all’interpretazione del simbolismo sotteso a questa che è una delle 35 parabole narrate dai Vangeli (c’è chi ne conta fino a 72, allargando però il concetto di “parabola” anche a paragoni ampi, a frammenti narrativi, a metafore espanse). Gli studiosi propongono un’oscillazione tra due possibilità interpretative che, a nostro avviso, riescono a coesistere. Da un lato, il racconto esalta un contrasto forte e fin provocatorio tra un «più piccolo» e un «più grande»: tra le nostri mani c’è questo seme minuto e davanti ai nostri occhi un albero. Non si può ignorare la discontinuità, la sorprendente differenza. Eppure alla base sono la stessa realtà.

         La lezione, ossia lo sguardo dell’anima che sale verso il divino, cioè il Regno dei cieli, è limpida e semplice. Il progetto di salvezza, di pace, di amore, di verità e giustizia che Dio vuole attuare nel mondo con Cristo e con chi lo segue – tale è il senso della locuzione “Regno dei cieli” – è apparentemente piccolo, fin minuscolo, presente in un uomo umile come Gesù di Nazaret e in un «piccolo gregge» di discepoli, votati alla sconfitta in un confronto con le potenze trionfali del male. Eppure la logica del seme che diventa un albero vale anche per il Regno e la parabola si trasforma in un vero e proprio canto di fiducia e speranza che spazza via gli scoraggiamenti, gli sconforti, le frustrazioni e le delusioni.

         D’altro lato, molti esegeti definiscono questo racconto una “parabola di crescita”. L’elemento fondamentale sarebbe proprio l’evoluzione tra il seme e l’albero, il dinamismo efficace che necessariamente fa esplodere l’energia vitale del chicco di senapa e lo fa espandere in modo sorprendente e inatteso. Si ha, così, un altro sguardo verso l’alto, partendo da quel semplice vegetale: è la celebrazione della grazia divina che opera potentemente, superando i limiti, gli ostacoli, le crisi. Come è evidente, anche con questa interpretazione ritroviamo la stessa lezione di fiducia e di serenità, ma da un altro angolo di visuale.