IL SIGNORE DELLA VITA E DELLA MORTE
Il Signore fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire. Il Signore rende povero e arricchisce, abbassa ed esalta. (1 Samuele 2, 6-7)
Aveva tanto pianto e pregato questa donna, moglie di un certo Elkanà, un ebreo che ogni anno saliva al santuario di Silo a offrire il suo sacrificio. Il suo desiderio di avere un figlio era stato fino a quel momento frustrato da un’invincibile sterilità. Invano il marito, che l’amava, le ripeteva: «Perché piangi? Perché non mangi? Perché è triste il tuo cuore? Non sono forse io per te meglio di dieci figli?». Ma alla fine di tanta amarezza, ecco un’alba luminosa: questa donna, di nome Anna, rimane incinta e dà alla luce colui che sarà il primo dei profeti di Israele, Samuele, il cui nome è appunto liberamente spiegato dalla Bibbia come «il domandato al Signore» (in realtà significa «il nome di Dio»).
Colma di felicità, Anna si reca al tempio di Silo ove offre il figlio al Signore, come aveva promesso in voto, e intona un inno di lode. In verità, questo canto è posto sulle labbra di Anna per esprimere i suoi sentimenti dall’autore del Primo Libro di Samuele che nei capitoli 1 e 2 della sua opera narra questa storia. Gli studiosi, infatti, osservano che in filigrana al carme si intravede la figura di un re, la cui potenza è decisamente inferiore a quella di altri sovrani, ma che ha dalla sua parte il Signore e, quindi, è certo di trionfare. La finale dell’inno è, al riguardo, significativa: «Il Signore, che giudica [ossia governa] le estremità della terra [cioè tutto il mondo e la storia], darà forza al suo re, innalzerà la potenza del suo consacrato [in ebraico, “messia”] (2,10).
Il frammento da noi scelto vuole esaltare in modo superbo la potenza gloriosa di Dio. Egli, infatti, può dominare anche il Nemico invincibile per eccellenza, la Morte. Anche quando si è scesi negli abissi infernali, la sua mano ci può afferrare e riportare alla vita. Questa immagine può essere applicata alla vicenda di Anna che, per altro, è evocata anche nel versetto precedente: «La sterile ha partorito sette volte e la ricca di figli è sfiorita» (2,5). Il grembo sterile è, infatti, comparabile a una tomba: ebbene, il Signore può farvi germogliare la vita, in una sorta di creazione-risurrezione.
Ma nella nostra citazione c’è un altro aspetto che collega Anna a un’altra celebre madre. Infatti, si professa un atto di fede nel Signore arbitro della storia: come egli può rendere feconda la sterile, così può liberare dalla miseria il povero, può esaltare l’umiliato. Si delinea attraverso questo e altri collegamenti quasi un ponte con un altro inno, quello intonato da Maria, la madre di Gesù, il Magnificat. Anche l’avvio è analogo: «Il mio cuore esulta nel Signore», dice Anna; «il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore», ripete Maria. Ma è anche nel centro del suo cantico che la madre di Cristo riprende il Credo di Anna: «Il Signore ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni di affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Luca 1,52-53). Due madri che, pur nella diversità della loro generazione, cantano l’unica fede nell’unico Signore della vita e della storia.