L'UOVO E LO SCORPIONE

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 Quale padre, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se chiede un pesce, una serpe? O un uovo, gli darà uno scorpione? (Luca 11,11-12)

       

         Ecco uno dei tanti detti folgoranti di Gesù che i Vangeli ci hanno conservato e che, attraverso la forza dei simboli, riescono a incidere nella mente e nel cuore un messaggio. Voltaire ironizzava con ferocia sull’eloquenza dei predicatori, affermando che essa è «come la spada di Carlo Magno, lunga e piatta», perché ciò che non sanno dare in profondità lo rifilano in lunghezza. Non così Cristo, tant’è vero che le guardie mandate un giorno ad arrestarlo, tornarono dai sacerdoti e dai farisei a mani vuote, confessando: «Mai un uomo ha parlato come parla quest’uomo!» (Giovanni 7, 44-46).

 

         La dichiarazione che abbiamo citato vuole illustrare l’amore di Dio modellandolo su quello di un padre nei confronti del proprio figlio. Il ragazzo spesso non riesce a capire il comportamento del genitore che gli nega ciò che egli ritiene un bene immediato. In realtà il padre vede più in avanti rispetto al figlio e non gli può mai fare del male, anche a costo di opporgli un diniego che il giovane non comprende e accoglie con amarezza.

 

         È un po’, questa, la lezione sul mistero dell’agire divino, «i cui pensieri non sono i nostri pensieri, le cui vie non sono le nostre vie», come si legge nel libro del profeta Isaia (55,8). Ma i nostri lettori hanno forse in mente questa frase di Gesù senza    quella strana immagine finale in cui si compara un uovo a uno scorpione: infatti, Matteo, citando la stessa dichiarazione parla solo dei due paragoni più logici, il pane-sasso e il pesce-serpente (7, 9-10).

 

         In verità, Luca testimonia con questa aggiunta quasi dal vivo la concretezza della predicazione di Gesù, che non passava sopra la testa del suo uditorio con parole eteree e vaghe, ma partiva, per così dire, dai piedi come in questo caso. Infatti, a differenza del nostro scorpione che è un animaletto piccolo e nero, quello palestinese che si annida tra le pietraie del deserto è, per mimetismo, simile a un ciottolo  levigato, è appunto biancastro come un piccolo uovo. Facile è, allora, intuire il contrasto tra una realtà apparentemente innocua e il veleno che essa può contenere.

 

         Così – conclude Cristo – fa Dio nei confronti delle sue creature: esse si illudono che l’oggetto del loro desiderio sia un uovo gustoso, in verità esso è uno scorpione avvelenatore. Egli, perciò, dà sempre «cose buone» ai suoi figli, commenta Matteo (7,11). Luca, invece, ci offre una finale un po’ sorprendente. Eccola: «Se voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono» (11,13). Per il terzo evangelista c’è un dono ultimo e speciale che Dio Padre ci riserva, è la «cosa buona» per eccellenza, lo Spirito Santo. Per questo, a tante richieste materiali Dio spesso risponde offrendoci i doni interiori dello Spirito che ci trasformano radicalmente, aiutandoci ad affrontare ogni male e paura.