LA LETTERA CHE UCCIDE

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Siamo ministri non della lettera, ma dello Spirito: la lettera, infatti, uccide, è lo Spirito che dà vita.  (2 Corinzi 3,6)

         Non potevamo far mancare questa frase paolina, così icastica e divenuta quasi un proverbio, nella nostra antologia biblica. Essa è stata rinverdita soprattutto ai nostri giorni per definire il vizio che sta alla base del cosiddetto “fondamentalismo”. Aggrappati alla “lettera” del testo sacro, alcuni musulmani o indù, ma anche cristiani, brandiscono asserti delle loro Scritture quasi fossero spade, un po’ come si ha in un  Salmo biblico “marziale”: «L’oracolo di Dio nelle loro gole e la spada a due tagli nelle loro mani per compiere vendetta tra i popoli e punire le genti» (149, 7).

 

         Una via paradossalmente più facile per testimoniare la loro religione di quanto lo sia la genuina fede. Diceva giustamente uno scrittore agnostico argentino, Jorge Luis Borges: «È più facile morire per una religione che viverla con fedeltà ogni giorno». C’è, dunque, una profonda verità nel detto paolino così come suona a prima vista. Ma le sue parole, ritmate sul contrasto “lettera-Spirito”, mirano ad altro, come si intuisce nel contesto di questa frase così incisiva e suggestiva.

 

         Infatti, l’Apostolo condanna una religiosità che si àncora all’osservanza rigida e frigida della Legge biblica, nella convinzione che essa ci meriti la salvezza: in pratica, Dio sarebbe solo come un notaio che deve certificare che noi abbiamo punti sufficienti per essere ammessi alla felicità del suo Regno. In realtà, la salvezza che egli ci offre è molto più alta rispetto a quanto noi riusciamo a raggiungere con le nostre opere, ossia con la nostra osservanza “letterale” dei precetti morali.

         Si tratta, infatti, dell’adozione a figli, della partecipazione alla sua stessa vita divina, alla sua eternità luminosa. Ora, tutto questo va ben oltre le nostre capacità, è per eccellenza “grazia”, è appunto dono dello «Spirito che dà vita». Tocchiamo, quindi, con questa dichiarazione così folgorante il cuore del pensiero palino, il centro della religione cristiana, che vede il primato della grazia a cui, certo, deve rispondere la scelta libera dell’adesione di fede. A questo punto vogliamo, però, aggiungere un’altra frase paolina omogenea, anch’essa molto viva e palpitante.

 

         Eccola, poche righe prima nello stesso scritto indirizzato ai Corinzi: «La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori…, lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori» (3, 2-3). L’accostamento che abbiamo fatto è libero perché in greco sono diversi i vocaboli: la “lettera” che uccide è detta gramma (parola che dà origine al nostro termine “grammatica”), mentre la “lettera” vivente che è costituita dai fedeli di Corinto e che è scritta nei loro cuori e in quello di Paolo, è chiamata epistolé. È, però, comune il ricorso allo Spirito che è vivente e che dà vita e rende il cristiano una sorta di Bibbia viva e parlante, proprio attraverso la sua testimonianza di vita.