RESTA CON NOI: SI FA SERA
Resta con noi, perché si fa sera e il giorno volge ormai al tramonto! (Luca 24,29)
«A chi di noi la casa d’Emmaus non è familiare? Chi non ha camminato su quella strada, una sera che tutto pareva perduto? Il Cristo era morto per noi. Ce lo avevano preso il mondo, i filosofi e gli scienziati. Non esisteva più nessun Gesù per noi sulla terra. Seguivamo una strada e qualcuno era venuto a lato. Eravamo soli e non soli. Era ormai sera. Ecco una porta aperta, l’oscurità di una sala ove la fiamma del caminetto rischiara il suolo e fa tremolare le ombre. O pane spezzato!... Rimani con noi, perché il giorno declina, la vita finisce…».
Abbiamo voluto rievocare quella pagina indimenticabile del Vangelo di Luca attraverso la creazione letteraria della Vita di Gesù (1936) del noto scrittore cattolico francese François Mauriac. In quei due discepoli – dei quali è riferito dall’evangelista solo un nome, Cleopa (ossia Cleopatro) – egli rispecchia la vicenda di tutti i credenti. Anch’essi camminano lungo quella via che da Gerusalemme punta verso il villaggio di Emmaus (per altro variamente identificato dagli archeologi e quindi un po’ misterioso e “aperto” a tanti luoghi). Condividono la stessa tristezza e il dubbio. Sono soli e sfiduciati.
Eppure non sono soli: ecco accostarsi un ignoto viandante e qui lasciamo l’applicazione dello scrittore francese per ritornare alla pagina evangelica e al suo significato intimo. Il Cristo risorto e glorioso non è riconoscibile con la pura e semplice esperienza concreta: si ricordi l’imbarazzante equivoco di Maria di Magdala che scambia il Risorto per il custode del giardino cemeteriale di Gerusalemme (Giovanni 20, 14-16). È necessaria una nuova forma di conoscenza. Due sono le tappe di questo che è il processo della fede. Prima c’è l’ascolto delle Sacre Scritture spiegate dal Cristo, ancora ignoto, in chiave cristiana. Poi si ha lo «spezzare il pane» che, come sappiamo, nel linguaggio neotestamentario è un rimando all’eucaristia.
Ora, se noi osserviamo attentamente questi due momenti, ci si accorge che essi riflettono già la liturgia cristiana che ogni domenica anche noi celebriamo. Essa comprende la lettura delle Sacre Scritture e la «frazione del pane», cioè la cena eucaristica. Luca, rievocando quel pomeriggio primaverile di duemila anni fa, ci suggerisce dunque dove è possibile anche a noi incontrare il Cristo risorto, come accadde allora ai due discepoli di Emmaus: nell’ascolto della parola di Dio «il cuore arde nel petto», è la prima tappa del riconoscimento; ma è allo «spezzare il pane» che «gli occhi si aprono e riconoscono» in quel viandante il Cristo risorto.
Quell’invocazione che è diventata un canto che spesso ripetiamo – «Rimani con noi perché si fa sera» – si trasforma in un inno al Cristo risorto perché adempia la sua promessa di essere con noi «tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Matteo 28,20), non solo con la sua «parola di vita» e col suo «Spirito di verità», ma soprattutto col suo corpo e il suo sangue donato per noi. È attraverso l’eucaristia che anche noi diventiamo «un solo corpo, perché tutti partecipiamo all’unico pane» (1Corinzi 10,17). Cantava la scrittrice tedesca Gertrud von le Fort (1876-1971): «La polvere dei nostri atomi si raccoglie… / Tu entri nel cuore della nostra solitudine, / per dischiuderla come una porta spalancata… / Siamo un solo corpo e un solo sangue».