UN'AMICIZIA PREZIOSA

Print Mail Pdf
condividi  Facebook   Twitter   Technorati   Delicious   Yahoo Bookmark   Google Bookmark   Microsoft Live   Ok Notizie

Una grande pena ho per te fratello mio, Gionata! Tu mi eri molto caro: la tua amicizia era per me preziosa più che amore di donna. (2 Samuele 1,26)


         L’elegia che Davide intona per la morte del primo re Saul, ma soprattutto del figlio Gionata, suo carissimo amico, è un gioiello di suprema bellezza, uno dei monumenti dell’antica poesia ebraica. Noi ne abbiamo citato solo un frammento, che esalta il tema eterno e appassionante dell’amicizia, ma l’intero carme contenuto nel Secondo Libro di Samuele (1, 19-27) merita una lettura attenta e partecipe. Sulla frase così commossa e intensa del versetto da noi evocato alcuni hanno voluto ammiccare a un amore omosessuale tra Davide e Gionata.

         In realtà – oltre al fatto che il linguaggio amoroso, nell’antico Oriente, era adottato per esprimere le alleanze politiche tra clan e famiglie al potere (si sa che Gionata si era schierato con Davide, comprendendo la tragedia verso cui suo padre Saul stava conducendo Israele) – è da notare che il mondo semitico ama i colori accesi, le immagini estreme, i sentimenti forti. C’è, dunque, in questo canto la più alta celebrazione dell’amicizia: «chi trova un amico, trova un tesoro», annoterà il sapiente biblico detto Siracide (6,14), riprendendo o creando un proverbio che perdura ai nostri giorni. E un altro sapiente biblico, il Qohelet, ammonirà: «Guai a chi è solo: se cade, nessuno lo rialzerà; se dorme da solo, nessuno lo riscalderà; se è aggredito, nessuno lo aiuterà a resistere» (4,10-12).

         «Noi: è la solitudine che se ne va.  Noi: è la tristezza che diventa felicità. Noi: sono le tue mani che cercano le mie. Noi: è essere insieme anche quando sono solo», cantava Gino Paoli in una sua canzone. Una vera amicizia e un amore autentico non ti fanno più dire: “Io”, perché sentimenti e vita si intrecciano in una comunione di affetti, di pensieri, di scelte, di ideali. Ed è per questo che quando l’altro muore, tu senti «una grande pena», come afferma Davide, perché è stata amputata una parte di te stesso.

         In una società dalle relazioni facili, sbrigative e superficiali i legami profondi interpersonali si allentano, ci si accontenta di contatti, spesso segnati dal calcolo e dall’interesse, incapaci della gratuità che è la caratteristica specifica dell’amore. «Ci sono amici – osservava lo scrittore e giornalista Carlo Veneziani (1882-1950) – che sono disposti a stare al vostro fianco fino all’ultima lira. La vostra, non la loro». E già prima, un altro scrittore più noto, l’americano ottocentesco Mark Twain, ironizzava: «La sacra passione dell’amicizia è di così dolce, costante, leale, paziente natura che può durare tutta una vita, salvo richiesta di un prestito di denaro».

         Ritroviamo, allora, l’autenticità dell’amicizia sulla scia di Gesù che visse in profondità questo sentimento e che ci lasciò parole ancor più ardenti di quelle di Gionata, proprio poche ore prima della sua morte: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i suoi amici… Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Giovanni 15, 13.15).