DONNE INTERPRETI DELLA BIBBIA

biblioteca

Turnhout è una cittadina industriale del Belgio settentrionale, sede di un museo sulla storia del fenomeno spirituale delle «beghine», patrimonio dell’UNESCO. Ma per gli studiosi di storia e letteratura cristiana essa è legata a Brepols, una casa editrice di prestigio internazionale. È suggestivo, perciò, che il testo che presentiamo sia stato pubblicato in una sua collana e, per di più, in lingua italiana, anche per merito della qualità dell’autrice, Erminia Ardissino, dell’università di Torino, con un curriculum di docente nelle università americane. Il saggio punta a un orizzonte che ha tre mete principali, Firenze, Venezia e il Centro Italia, la coordinata cronologica è quella della prima età moderna e il tema è nettamente delineato nel titolo Donne interpreti della Bibbia.

         Il binomio donne-Bibbia è stato in questi ultimi decenni oggetto di molte ricerche, anche sulla spinta di una vigorosa presenza femminile negli studi teologici. Il testo della studiosa è segnato da una ricchezza significativa di analisi che si muovono sostanzialmente su due registri. Il primo è proteso a ricostruire la cornice generale e permette di identificare una sorta di ermeneutica originale delle Scritture in ambito femminile, capace di travalicare quella ufficiale e comune, che era scandita spesso da una sottile misoginia ed era priva della specifica sensibilità dello sguardo delle donne.

         L’altro registro è costituito dalle figure prescelte, spesso affascinanti per le loro riletture bibliche. Ci riferiamo, ad esempio, alle fiorentine Lucrezia Tornabuoni e Domenica da Paradiso: la prima con le sue ritrascrizioni narrative e le sue laudi poetiche; la seconda coi suoi inusuali sermoni rivolti alle consorelle. Oppure pensiamo alle veneziane Lucrezia Marinella, divulgatrice e paladina della dignità femminile, e Arcangela Tarabotti, rigorosa e vigorosa polemista contro le prevaricazioni della società civile ed ecclesiale nei confronti della donna. O ancora la romana Vittoria Colonna, amica di Michelangelo, famosa per le sue Rime e per il suo vasto carteggio, «guardando spesso le sacre carte», a cui aggiungiamo la lucchese Chiara Matraini con le sue meditazioni, commenti, dialoghi e scritti spirituali.

         Naturalmente, se questi sono i ritratti principali che Ardissino sa dipingere in modo puntuale ma anche vivido, svelando aspetti sorprendenti, nella galleria delle figure appaiono altre presenze non di rado inattese, come le creatrici del teatro biblico pubblico e conventuale fiorentino, o Laura Battiferri che ricompone alcuni testi poetici biblici, dai Salmi alle Lamentazioni. Ciascuno dei tre ambiti geografici presi in considerazione rivela caratteristiche proprie: Firenze stimola le donne a proporre modelli comportamentali che si incastonano nella società, mentre a Venezia si delinea quasi una proclamazione della parità dei generi e della dignità femminile, e nell’Italia centrale lo studio dei testi sacri è immerso in un’atmosfera più spirituale e teologica.

         Alcune pagine bibliche sono veri e propri crocevia: si pensi solo ai capitoli iniziali della Genesi col rigetto della riduzione di Eva a tentatrice, mentre luminose sono le figure di Maria e di Cristo. Questo ci permette di varcare i secoli e dal ’500-’600 passare all’800-’900 con un interessante saggio di Liviana Gazzetta sul tema, sempre rovente nell’opinione pubblica, del sacerdozio femminile. Referente fondamentale è appunto Maria, vista come Virgo et sacerdos, capace di stimolare l’aspirazione di alcune donne, soprattutto religiose, a una loro partecipazione a questo statuto. Si distinse in questa prospettiva – spesso legata anche alla tesi teologicamente molto discutibile e rischiosa della funzione corredentrice (con Cristo) di Maria – la congregazione delle Figlie del Cuore di Gesù, fondata nel 1872 da Marie Deluil Martiny, uccisa nel 1884 da un anarchico. La tesi del sacerdozio mariano fu, però, drasticamente censurata dal Sant’Uffizio nei primi del ’900.

         La vicenda è studiata in modo documentario in tutte le sue fasi, anche nelle ascendenze antiche e negli sviluppi successivi, col trapasso da Maria Vergine sacerdote a Madre del sacerdote, e nelle ramificazioni ulteriori in altri ambiti e con nuove tipologie, come lo spirito eucaristico della riparazione attraverso una donazione da vittima sacrificale. Un capitolo molto importante e significativo è quello che Gazzetta dedica al desiderio di sacerdozio che serpeggia ancora nella ricerca spirituale femminile, dopo aver attraversato il secolo scorso spesso in forma carsica, procedendo in bilico sul crinale della negativa ufficialità ecclesiale e delle positive formulazioni devozionali e misticheggianti o della distinzione concettuale tra spirito e carattere sacerdotale (esemplare fu Beatrice di Rorai, maestra elementare di Cavarzere, artefice di una nuova fondazione religiosa, morta nel 1930).

         Si deve riconoscere che questo protagonismo femminile cattolico tra ’800 e ’900 non si configurava come un’esplicita richiesta del sacerdozio delle donne, che sarà poi nettamente escluso da Giovanni Paolo II proprio sul fondamento mariano e cristologico adottato in modo fluido e simbolico da quei movimenti. Come scrive l’autrice, «l’identificazione mariotipica spingeva a fuoriuscire la donna dalla marginalità dei ruoli tradizionali per una partecipazione a pieno titolo nella vita della Chiesa».

GIANFRANCO RAVASI

Erminia Ardissino, Donne interpreti della Bibbia, Brepols, Turnhout, pagg. 383, s.i.p.

Liviana Gazzetta, Virgo et sacerdos, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, pagg. 132, € 22,00.