ETICA DELLA RESPONSABILITÀ

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         Se si va a cercare su un dizionario etimologico la voce «responsabilità», si scopre a sorpresa il rimando al verbo «sposare», che è alla radice anche del più immediato «rispondere». Infatti la genesi è nel latino spondère che implica un impegno quasi giurato, quindi serio ed esigente. Attorno a questo atto, che è strutturale rispetto alla libertà umana e alla relazione inter-umana – «essere uomo è precisamente essere responsabile», scriveva nel 1939 in Terres des hommes Antoine de Saint-Exupéry – alcuni pensatori contemporanei hanno edificato il loro sistema etico-filosofico/teologico. Uno dei nostri maggiori studiosi di morale, Giannino Piana, ne ha selezionati cinque che definisce come «protagonisti» in questa antropologia della responsabilità.

         Certo, c’è modo e modo per impostare il tema. Basti solo pensare all’approccio “situazionista” di Sartre che in uno dei suoi saggi, raccolti poi nell’imponente silloge in dieci volumi non a caso intitolata Situations, affermava: «Non facciamo quello che vogliamo e tuttavia siamo responsabili di quello che siamo». Per non parlare poi di Gide che nei suoi Diari puntava più in alto, coinvolgendo anche la teologia: «La responsabilità dell’uomo aumenta col diminuire di quella di Dio». Un atteggiamento che sarebbe stato declinato in forme inedite e radicali nella cultura secolaristica.

         Piana, invece, parte con un teologo di altissimo profilo e incidenza nel mondo “laico”, anche a causa della sua drammatica testimonianza contro il nazismo, Dietrich Bonhoeffer (1906-1945). Il suo ritratto teologico che leggiamo in queste pagine è ancorato al fondamento cristologico di una morale della responsabilità, come appare già nell’epigrafe del capitolo, basata su una citazione dalla sua Etica (1949): «Cristo non si preoccupava di sapere se ‘la norma di un atto può diventare principio di una legge universale’ (Kant), bensì se la mia azione aiuta ora il prossimo a essere davanti a Dio». La cristologia della croce diventa, quindi, l’asse ermeneutico dell’intera trattazione del tema.

         Tuttavia a comporre il quadro dell’analisi convergono molti altri elementi, come il superamento bonhoefferiano dell’etica tradizionale sia cristiana sia laica, la dialettica tra libera responsabilità e obbedienza alle norme, il contrappunto armonico necessario tra realtà «penultime» e «ultime» per cui fedeltà alla terra e fedeltà a Dio devono essere ricomposte in unità. «Il suo contributo all’etica della responsabilità – commenta Piana – sta nell’aver enucleato la stretta connessione esistente tra i due ordini, naturale e cristiano, facendoli convergere nella persona di Gesù di Nazaret, il quale unisce in sé l’umano e il divino». Sia pure attraverso la nostra semplice evocazione allusiva, è facile intuire che questo e i successivi profili diventano, in ultima analisi, delle vere e proprie sintesi del pensiero degli autori convocati.

         Nella galleria dei ritratti subentra un’altra figura imponente nella riflessione del secolo scorso, Paul Ricoeur (1913-2005), il cui sistema etico viene rubricato come «responsabilità verso l’altro». Si tratta di un rapporto nel quale al tradizionale nesso «Io-Tu» si introduce il «Terzo», ossia il prossimo lontano e ignoto ma non anonimo perché ha un volto e un’appartenenza alla comune umanità. È evidente il rilievo anche politico che acquista questo modello etico nel quale sono chiamate ad essere in contrappunto armonico necessario giustizia e carità, coniugando in tal modo «la preoccupazione per un solido fondamento dell’etica con l’attenzione alla storicità dell’agire umano e alla relatività delle espressioni che esso assume».

         Altrettanto rilevante e in continuità con Ricoeur è il terzo personaggio, Emmanuel Lévinas (1905-1995), a tutti noto per il suo ricorso al simbolo del «volto» nella sua antropologia relazionale: «Il volto del prossimo mi significa una responsabilità irrecusabile, precedente ogni libero assenso, ogni patto, ogni contratto». È in pratica il riconoscimento che la struttura costitutiva della morale è nella relazione interpersonale che riconosce nell’altro un soggetto dotato di assoluta dignità e di diritti inalienabili, destinato perciò a interpellare la nostra responsabilità. La galleria di ritratti si conclude con due figure italiane che giustamente Piana riporta in scena perché il loro pensiero è altrettanto stimolante e anche perché con loro l’autore ha intrattenuto un dialogo fecondo.

         Da un lato, c’è Italo Mancini (1925-1993), la cui ricerca è acutamente delineata anche in senso generale, ma con l’obiettivo che si restringe verso l’ultima fase della ricerca di questo sacerdote filosofo e teologo, legato all’università di Urbino, resa da lui e da Carlo Bo un riferimento culturale importante nel panorama non solo italiano. Nello specifico, Piana illumina il trapasso dall’impegno per una «teoria del cielo» a quello per una «teoria della terra», coi corollari che intrecciano anche le questioni inerenti alla società, alla politica, al diritto e alla scienza. Il transito di Mancini, dunque, è dalla «città di Dio», che pure rimaneva sempre sul fondale come stella polare, alla «città dell’uomo» il cui vessillo inalberato dev’essere la giustizia.

         Del tutto contemporaneo a noi è Pietro Prini (1915-2008), a cui è riservato l’ultimo ritratto, una figura che con la sua acutezza è stato capace di infiggere qualche spina nel fianco sonnolento della cristianità attuale e, più in generale, alla ratio sistematica occidentale, in particolare allo scientismo e alla tecnocrazia. Il trionfo del mero sperimentale-fattuale, infatti, ha spesso estenuato e archiviato ogni prospettiva valoriale. Piana, partendo dal paradigma del corpo e della dialettica bisogno-desiderio, rappresenta in modo limpido la nuova antropologia di Prini, che non esita a interagire con tutti i nodi critici odierni, dalla comunicazione alla sessualità, dalla bioetica all’etica sociale e politica, dalla questione ambientale alla pace e così via.

         Abbiamo lasciato spazio ai cinque protagonisti del saggio di Piana. In finale, in occasione del suo novantesimo compleanno, introduciamo – sia pure solo con una citazione – un personaggio di alto valore intellettuale, spirituale e sociale, il noto gesuita Bartolomeo Sorge. Il suo curriculum ha compreso, tra l’altro, la direzione della Civiltà Cattolica, la famosa rivista dei gesuiti, così come quella altrettanto prestigiosa degli Aggiornamenti sociali, la fondazione del Centro «P. Arrupe» di Palermo come centro di ricerca e attività sociale, la sua ricca bibliografia in campo morale, da noi talora segnalata in queste pagine, la sua libera e coraggiosa testimonianza ecclesiale e civile. Papa Luciani lo avrebbe voluto persino come suo successore nella carica di patriarca di Venezia. Chi volesse sentire idealmente ancora la sua voce e averne un profilo anche biografico, unito a un suggestivo bozzetto della sua storia tracciato da Maria Concetta De Magistris, ha ora a disposizione un bel testo che, fin nel titolo emblematico, raccoglie «i sogni e i segni» di una vita e di un pensiero umano, religioso e culturale.

GIANFRANCO RAVASI

Giannino Piana, Etiche della responsabilità, Cittadella, Assisi, pagg. 203, € 15,90.

Bartolomeo Sorge, I sogni e i segni di un cammino, a cura di Nicola Alessi, LeChâteau, Aosta, pagg. 151, € 15,00.

Pubblicato col titolo: Profili di alta responsabilità, su IlSole24ORE, n. 11 (12/01/2020).