«CHE COSA È L’UOMO?»

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         Nell’originale ebraico è un unico vocabolo composito ’ajjekkah, «dove sei?». Questo interrogativo squarcia il silenzio del giardino dell’Eden primordiale: «Il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: Dove sei?» (Genesi 3,9). E Adamo – che in ebraico non è un nome proprio perché segnato dall’articolo ha-’adam, quindi «l’Uomo» in assoluto, quella dimensione radicale che è in noi, in nostro padre e nei nostri figli – è costretto a sgusciare dal folto degli alberi per tentare una risposta impacciata. Quella domanda, impertinente o scontata che sia, riecheggia incessantemente nella storia e ha generato un fiume di proposte più che di risposte, codificate sotto il termine «antropologia».

         A questa biblioteca di spiegazioni che cercano di delineare il volto e la collocazione del genere umano nella storia – col suo rosario di splendori («l’uomo è un mikròs kosmos», un mini-universo, dichiarava Democrito nel suo frammento 34) e di miserie («l’uomo è un micro-Narrenwelt», un mondo di follie, replicava il Mefistofele del Faust di Goethe) – si aggiunge ora a sorpresa non uno dei tanti documenti vaticani, come si è abituati ad attendersi. Ecco, invece, che un’istituzione ufficiale, come la Pontificia Commissione Biblica (della quale ho avuto l’onore di essere stato membro in passato, quando la presiedeva il cardinale Josef Ratzinger), propone un vero e proprio saggio comparato, una sorta di manuale di riferimento di oltre trecento pagine. Esso cerca ovviamente come prima interlocutrice l’accademia teologica, ossia i docenti e gli studenti dei seminari e delle facoltà teologiche.

         Ma, considerando il tema e il taglio molto limpido e originale del testo, potrebbe senza esitazione approdare anche negli scaffali delle biblioteche «laiche» perché, come spesso si ripete, la Bibbia è pur sempre il «grande codice» (Northrop Frye) o il «lessico fondamentale» (Paul Claudel) o l’«alfabeto artistico colorato» (Marc Chagall) o la «stella polare etica» (Krzysztof Kieślowski) della nostra cultura occidentale. C’è, però, un’asperità metodologica piuttosto minacciosa da valicare: come estrarre un filo conduttore omogeneo da una raccolta di 73 libri diversi, sia pure coagulati e canonizzati sotto l’unico titolo di Bibbia che, comunque, in greco è pur sempre un plurale, «Libri»? Questa è l’ardua impresa preliminare da affrontare: coniugare diacronia e sincronia, senza cadere nella paralisi del fondamentalismo o nella babele degli asserti e senza indulgere alla dissezione amputando i lacerti testuali dal corpo vivo contestuale.

         Si è, così, optato per isolare un racconto fondante esplicito, quello dei tre capitoli iniziali della Genesi, in particolare il mirabile dittico protologico-eziologico (quell’«In principio» non è cronologico e neppure astorico, ma sapienziale, diremmo «metafisico» e metastorico) che governa i capitoli 2-3. Esso è simile quasi alla sorgente le cui acque sono rintracciabili nel fiume dei testi biblici successivi, acque naturalmente arricchite da affluenti, da anse, da percorsi multiformi. Non per nulla, il titolo stesso del contributo, redatto dai vari studiosi della Commissione, è posto all’insegna di un’altra splendida sintesi biblica, quella del Salmo 8, che si agglutina attorno a un interrogativo parallelo a quello della Genesi: «Che cosa è l’uomo?» (8,5, in ebraico mah-’enôsh).

         Ebbene, qual è la risposta a entrambe quelle domande fondamentali? Attraverso un’operazione ermeneutica accurata, che identifica «ciò che nella pagina biblica è parte integrante della Rivelazione e ciò che è invece contingente, legata a mentalità e costumi di una determinata epoca storica», si individua quel flusso costante e mobile a cui sopra si accennava e che percorre tutte le pagine bibliche. In una sequenza di quattro capitoli, simili a punti cardinali di una mappa che ha in filigrana i citati cc. 2-3 della Genesi, si presenta l’uomo nel suo sguardo verso l’alto, ossia nel suo rapporto di creatura col Creatore; si introduce il suo sguardo verso il basso, cioè il legame col «giardino», il creato conquistato nel lavoro; si delinea il suo sguardo verso l’altro che gli sta di fronte nella relazione interpersonale con la donna e con la famiglia, coi corollari degenerati della violenza e della guerra; infine, si getta lo sguardo sulla storia umana consequenziale segnata dalla ribellione, dalla colpa, dal male, dalla morte, ma non abbandonata a questa deriva dal Dio creatore e ora salvatore.

         Questo progetto è inseguito nell’intera trama delle Scritture, dalla Torah ai profeti, dagli scritti sapienziali (uno spazio significativo è riservato ai Salmi) fino ai Vangeli e alle Lettere apostoliche. È quel fiume variegato sopra evocato con le sue onde diversamente mosse e con quella foce che nell’evento singolare di Cristo ha il suo approdo. In questa imponente ma nitida architettura vorremmo riservare una sottolineatura alla componente antropologica capitale anche per la cultura contemporanea, quella relazionale, e lo faremo solo attraverso un elemento simbolico, per certi versi minore se non minimo, spesso inchiodato nella mente di molti in modo distorto, frutto di cristallizzazioni ideologiche tradizionali.

         Ci riferiamo alla celebre «costola» di Adamo dalla quale sarebbe stato allestito il prototipo della donna (Genesi 2,21-22). In realtà, il corrispondente vocabolo ebraico, sela‘, nella Bibbia «non designa mai una specifica parte del corpo, ma semplicemente un ‘lato’ o un fianco di qualche oggetto. Se allora si evita il riferimento a un organo anatomico, si potrebbe far apparire l’idea che ‘uomo e donna’ sono come ‘fianco e fianco’, simili nella loro natura costitutiva; e al tempo stesso essi sono chiamati a essere ‘fianco a fianco’, l’uno a lato dell’altro, come aiuto e alleato» (n. 156). Crollano, così, tutti i sarcasmi che sono stati intessuti su questo passo con le relative applicazioni, purtroppo efficacemente concrete, nei confronti della dipendenza della donna rispetto all’uomo, contrabbandandole come avallate sacralmente.

         Lo stesso sonno nel quale è collocato l’evento della creazione della donna non è una sorta di anestesia indotta dal Dio chirurgo che estrae la costola, bensì – come accade spesso nella Bibbia – è la sede di una rivelazione trascendente (si pensi ai «sogni» dei due Giuseppe, l’egiziano, e il padre legale di Gesù). Il messaggio è chiaro: dalla comune umanità (’adam) si formano le due identità che curiosamente in ebraico sono definite con vocaboli tra loro connessi e omofoni, declinati al maschile e al femminile: ’ish, uomo, e ’isshah, donna. Commenta il testo vaticano: «Questo indica non solo la radicale somiglianza, ma prospetta che la loro differenza sollecita a scoprire il bene spirituale del reciproco riconoscimento, principio di comunione e appello a diventare ‘una sola carne’ (Genesi 2,24). Non è la solitudine del maschio a essere soccorsa, ma quella dell’essere umano a essere soccorsa, mediante la creazione di uomo e donna» (n. 153).

         Naturalmente molte altre sono le sorprese – sempre, però, criticamente fondate sui testi – nelle quali il lettore s’imbatterà, anche riguardo a questioni considerate spinose: lascio a chi vorrà approfondire queste pagine di scoprire, ad esempio, la corretta interpretazione del «peccato di Sodoma», una città condannata non tanto per la «sodomia» dei suoi abitanti, quanto piuttosto per la violazione di una delle norme etico-sociali-religiose più alte, l’ospitalità nei confronti dello straniero (si leggano i nn. 186-188). E questo non è frutto di un «politicamente corretto», come subito qualcuno dirà a vanvera, ma per una rigorosa analisi storico-critica, ermeneutica e teologica.

GIANFRANCO RAVASI

Pontificia Commissione Biblica, «Che cosa è l’uomo?» (Sal 8,5). Un itinerario di antropologia biblica, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, pagg. 336, € 15,00.

Pubblicato col titolo: Così il genere umano trovò posto nella storia, su IlSole24ORE, n. 163 (14/06/2020).