I VANGELI

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«Valuterei come un vero trionfo se la Sacra Scrittura fosse recitata in tutte le lingue da ogni classe di persone: se il contadino reggendo l’aratro intonasse qualche passo dei salmi mistici nella lingua che gli è propria; se il tessitore seduto al telaio si ristorasse dalla fatica modulando qualche versetto del Vangelo; se il nocchiero inchiodato al timone ne canticchiasse qualche frase; se infine un’amica o una parente ne recitasse qualche passo alla donna intenta a filare». Così sognava nel 1522 Erasmo da Rotterdam nella sua Apostrofe al pio lettore, una delle quattro Prefazioni ai Vangeli che Silvana Seidel Menchi ha curato e tradotto dal latino per Einaudi e che su queste pagine Carlo Carena ha già presentato con la sua consueta finezza.

         Il sogno dell’autore della prima edizione critica del Nuovo Testamento è forse realizzato ai nostri giorni almeno a livello bibliografico. Incessante è, infatti, il flusso editoriale di testi esegetici italiani o tradotti. In realtà, però, la Bibbia – per usare una battuta del poeta Paul Claudel – a livello generale suscita un rispetto così alto da spingere spesso anche i credenti a starne il più possibile lontani. Noi ora attingeremo a quel fiume testuale solo qualche titolo, fermandoci ai Vangeli, il cui ovvio protagonista è Gesù di Nazareth. E lapidariamente così s’intitola un profilo della «vita e del destino» di questo protagonista elaborato da uno dei più accreditati neotestamentaristi protestanti, Daniel Marguerat, docente emerito a Losanna.

         In realtà, a lettura conclusa, ci si accorge che l’autore ha modellato il suo abbigliamento storico-critico per indossare le vesti del compagno di viaggio di una persona colta che voglia ricomporre in modo autentico il volto di un personaggio che genera ancor oggi adesioni e rigetti appassionati e che continua a scandire la storia per lo meno con la datazione, modulata sulla sua nascita. Non per nulla, alla fine del suo percorso, Marguerat conclude che «anche lo storico più scettico dovrà convenire che la vita di Yeshu, giudeo della Galilea, ha cambiato la faccia del mondo».

         Alla celebre domanda di Cristo: «Ma voi chi dite che io sia?», lo studioso svizzero risponde con una sorta di rappresentazione in tre atti. Si parte con gli inizi avvolti in un’atmosfera lattiginosa: documenti esterni incerti, testi interni complessi, un bambino senza padre, il discepolato presso un profeta stentoreo, il Battista. Si apre, poi, il secondo atto, quello più ampio, che vede le sue mani di guaritore, le sue labbra di «poeta del regno» e di «maestro di saggezza», la sua scarna biografia storica che sfocia nell’esecuzione capitale a Gerusalemme.

         A questo punto per gli altri grandi della storia si è soliti inseguire la presenza nella memoria e nella cultura successiva. Ed è ciò che fa anche Marguerat col Gesù apocrifo o secondo il giudaismo e persino l’islam. Ma per il Cristo c’è un terzo atto più problematico e sconcertante, la risurrezione, un coefficiente che reinterpreta e trasfigura tutta la sua vicenda di predicatore, guaritore, maestro e vittima. Ci fermiamo qui, ma assicuriamo ai nostri lettori che – pur con qualche appunto che ogni studioso potrebbe rivolgere a un collega – è condivisibile lo strillo di copertina: «Questo libro propone un ritratto del Gesù storico. Come in un’inchiesta poliziesca, lo storico lavora per indizi» ed è ciò che Marguerat ha fatto con rigore e passione.

         Ora, tra i lineamenti più marcati di questo ritratto ci sono le parole che Gesù ha pronunciato e che hanno nelle parabole il loro picco più alto e attraente. A scalarlo ci aiuta la studiosa Mary Ann Getty-Sullivan, già presidente della Catholic Biblical Association of America, che dedica il suo saggio al marito Dan. Già Marguerat parlava di «poesia» nella sequenza dei racconti di Gesù destinati a esaltare il tema centrale del messaggio di Gesù, il Regno di Dio, un concetto dinamico che merita di essere approfondito proprio attraverso le 33 parabole qui elencate.

         Esse sono lo specchio di un orizzonte simbolico che dal contingente ascende al trascendente coinvolgendo e provocando. L’analisi si apre identificando le caratteristiche letterarie di un genere che già appare nell’Antico Testamento e che intarsia i primi tre Vangeli, i cosiddetti Sinottici. Ed è in questi ultimi che il viaggio della studiosa poi si dipana con una straordinaria limpidità, capace di svelare al lettore la genialità narrativa di Gesù ma anche la sua potenza spirituale della quale è testimone supremo il Vangelo di Giovanni.

         È proprio a un’esemplare lettura di esso che si dedica l’esegeta benedettino Benoît Standaert in un saggio che riesce a intrecciare tre approcci ermeneutici, il letterario, lo storico-teologico e quello del dialogo interreligioso. Ci manca lo spazio per una presentazione di questo progetto che non ignora le difficoltà soprattutto dell’uso del quarto Vangelo nel dialogo con ebrei, musulmani, buddhisti o agnostici, ma che ne svela anche le potenzialità. Sono, infatti, tanti gli enigmi ma anche gli splendori dell’opera giovannea a cui non a caso è stata assegnata come emblema l’aquila che vola nelle altezze celesti.

GIANFRANCO RAVASI

Daniel Marguerat, Gesù di Nazareth, Claudiana, Torino, pagg. 293, € 24,50.

Mary Ann Getty-Sullivan, Le parabole del regno, Paideia, Torino, pagg. 254, € 25,00.

Benoît Standaert, Il quarto Vangelo, Dehoniane, Bologna, pagg. 277, € 37,00.